Interessante spunti per le donne che stanno investendo nella loro carriera professionale arrivano dall’incontro “women in finance”di PWA (Professional Women’s Association) , “a dynamic group of international women with diverse backgrounds, cultures and occupations. PWA aims to foster personal and professional development and to provide a friendly forum for networking and growth”. La mission qui descritta rappresenta esattamente lo spirito che si respirava nella sala: una lettura critica della situazione italiana (confrontata con esperienze di lavoro e di vita all’estero) da parte di un numeroso ma selezionato gruppo di donne determinate a coltivare i loro talenti.
Nel panel nomi eccellenti come Giulia Belloni, di KornFerry International, Alessandra Perrazzelli di Intesa San Paolo, Monica Poggio di Unicredit, Fabio Sattin – the only men in the room - di Private EquityPArtners spa. Due speaker su quattro appartenenti a grandi gruppi bancari, da sempre scarsamente presi in considerazione quando si parla di politiche innovative. E invece le due rappresentanti parlano di ceo illuminati, diverity manager, programmi per favorire la leadership femminile e il mentoring, networking interno.
Le parole più citate nell’incontro sono diversity, meritocracy (not quota), corporate culture, network, flexibility (good for business and for life), selfpromoting, visibility.
La “lezione” da portarsi a casa: ognuno deve coltivare in sé il senso di responsabilità individuale e la ricerca costante all’innovazione, progettando un percorso di carriera che tiene conto dei propri talenti e dei propri punti critici. Elemento fondamentale di crescita è la figura del mentor che offre confronto, sostegno, confidenza.
Da segnalare un’interessante chiave di lettura di A. Perrazzelli sulla tendenza femminile a personalizzare i problemi: le donne tendono a fare ciò perché non hanno mai giocato a calcio, ossia non hanno appreso la semplice regola del win/lose.
Riportiamo infine il punto di vista maschile sul tema (anche se non completamentente condivisibile, bisogna tenerne conto, è la lettura – tanto più in chiave positiva - dell’altra metà del cielo): le donne spesso non hanno spirito imprenditoriale. Adesso è tempo di agire, di essere proattive, di chiedere.
Conclusione perfetta la riflessione di una donna seduta nelle prime file: “se vogliamo cambiare il modo di pensare, non bisogna parlare solo tra donne!”
NB: l'articolo di Job24 del Sole24ore sulla presenza femminile nel private equity
lunedì 29 giugno 2009
sabato 27 giugno 2009
L'appello alle first ladies: disertate il G8 dell'Aquila!
Sempre più numerose e innovative le reazioni delle donne italiane di fronte alla sistematica delegittimazione delle donne perpetuata da Berlusconi.
Qualche giorno fa aveva suscitato un sano dibattito in rete un articolo sul TimesOnLine sulla società matriarcale italiana che tollera gli eccessi degli uomini e in particolare del premier (traduzione in italiano su Mondo Donna).
Recentemente alcune docenti universitarie di psicologia sociale hanno promosso un appello alle First Ladies dei Paesi del G8 perchè disertino l'appuntamento italiano.
Una provocazione per dimostrare con forza che le donne italiane fino ad oggi sono state troppo pazienti e silenziose. Ora non è solo più una questione di immagine dell'Italia all'estero, la preoccupazione maggiore è l'effetto della ricaduta di questi comportamenti sulle giovani generazioni.
Leggiamo il testo dell'appello, guardiamo chi ha già firmato e e sosteniamo l'appello firmando!
Qualche giorno fa aveva suscitato un sano dibattito in rete un articolo sul TimesOnLine sulla società matriarcale italiana che tollera gli eccessi degli uomini e in particolare del premier (traduzione in italiano su Mondo Donna).
Recentemente alcune docenti universitarie di psicologia sociale hanno promosso un appello alle First Ladies dei Paesi del G8 perchè disertino l'appuntamento italiano.
Una provocazione per dimostrare con forza che le donne italiane fino ad oggi sono state troppo pazienti e silenziose. Ora non è solo più una questione di immagine dell'Italia all'estero, la preoccupazione maggiore è l'effetto della ricaduta di questi comportamenti sulle giovani generazioni.
Leggiamo il testo dell'appello, guardiamo chi ha già firmato e e sosteniamo l'appello firmando!
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mercoledì 24 giugno 2009
Il gender pay gap in Italia: dalla retorica alla realtà
Anche in Italia si comincia a studiare in modo scientifico il problema del gender pay gap, la differenza salariale tra donne e uomini, cronico problema del mondo del lavoro femminile italiano e non solo.
Lo scorso marzo sui giornali tedeschi aveva fatto un certo scalpore la sfilata di borsette rosso (deficit) sotto la Porta di Brandeburgo organizzata dalla Business and Professional Women tedesca in occasione dell’Equal Pay Gap tedesco, ispirato a un modello nato negli USA, che adesso gode del Lilly Ledbetter Fair Pay Act. Era stato scelto il 20 marzo perchè una donna tedesca, per guadagnare quello che ha guadagnato un uomo nel 2008, avrebbe dovuto lavorare tutto l’anno scorso e fino a quel giorno.
Ieri l’Osservatorio sul diversity management della SDA Bocconi, in collaborazione con Hay Group, ha presentato una ricerca sul gender pay gap italiano.
Lo studio ha analizzato un campione di 97 grandi e medie aziende (e relativi 31.000 osservazioni retributive individuali) nel periodo 2005-2008 aggiungendo ai tradizionali indicatori (età e settore di appartenenza) un punteggio basato sulla complessità della posizione, misurata in base a know how, problem solving e accountability individuale.
In Italia una donna guadagna, in media, tra il 22,8% (retribuzione annua lorda) e il 25,2% (retribuzione globale annua, con parte variabile) meno di un uomo. Ma se, anziché dividere il monte retribuzione delle donne per il numero di donne che lavorano e fare altrettanto con gli uomini, confrontiamo gli stipendi dei due sessi a parità di incarico, anzianità e azienda, la differenza si riduce al 3%.
La vera discriminazione non si nasconde quindi nelle singole prassi retributive aziendali ma in un contesto sociale e culturale che “pesa” in modo differente il lavoro delle donne e degli uomini.
Andando ad analizzare inquadramento e struttura organizzativa, le donne sul totale dei dirigenti in Italia sono il 13%, i quadri 23% e gli impiegati 37%. Nell’area commerciale (la meglio retribuita) il 33%, in posizioni di linea il 20% e in quelle di staff il 39%.
Quali le soluzioni proposte dallo studio? A livello organizzativo, attuare buone prassi che guidino le politiche retributive, gestionali e di sviluppo delle aziende. A livello individuale, sviluppare percorsi formativi per aiutare le donne ad affermare e valorizzare le loro specifiche competenze.
Elemento importante della ricerca un confronto con alcuni stati europei (per ora sono stati confrontati i dati di Francia, Spagna, Belgio, Germania. Interessante sarà capire che cosa succede qualche il panel includerà anche i paesi nordici): tra il 2005 e il 2008 la percentuale di donne tra i lavoratori italiani è aumentata dal 26% al 30%, portando la femminilizzazione del mercato italiano al di sopra di quella tedesca (27%), ma ancora lontana da quelle spagnola (38%), francese (42%) e belga (45%).
La differenza tra retribuzione annua lorda maschile e femminile italiana, vicina al 23%, è maggiore di quella della Germania (20%), ma più contenuta rispetto a Spagna (27%), Belgio (29%) e soprattutto Francia (42%).
Facendo un confronto diretto tra Italia e Spagna sul gender gap nelle categorie professionali si scopre una curiosa differenza: in Italia è praticamente superato per gli impiegati (-2%), quasi risolto per i professional (4%), in crescita per il middle management (10%) e gli executive (12%). La Spagna presenta invece una curva opposta: impiegati (22%), professional (11%), middle management (9,3%) e executive (-3%). Ossia: le donne impiegate se la passano meglio in Italia, le dirigenti è meglio che se ne vadano in Spagna!
PS1: da annotarsi i prossimi appuntamenti dell’Osservatorio: Forum Diversity il 28/10 su maternità e costi aziendali e nell’aprile 2010 sull’intercultura in collaborazione con Metropoli; gli interventi alla WIN conference l’8-9 ottobre a Praga e a Gammadonna il 26-27 novembre a Torino
PS2: un altro punto di vista sul convegno su JobTalk e su La revolution en rose.
Lo scorso marzo sui giornali tedeschi aveva fatto un certo scalpore la sfilata di borsette rosso (deficit) sotto la Porta di Brandeburgo organizzata dalla Business and Professional Women tedesca in occasione dell’Equal Pay Gap tedesco, ispirato a un modello nato negli USA, che adesso gode del Lilly Ledbetter Fair Pay Act. Era stato scelto il 20 marzo perchè una donna tedesca, per guadagnare quello che ha guadagnato un uomo nel 2008, avrebbe dovuto lavorare tutto l’anno scorso e fino a quel giorno.
Ieri l’Osservatorio sul diversity management della SDA Bocconi, in collaborazione con Hay Group, ha presentato una ricerca sul gender pay gap italiano.
Lo studio ha analizzato un campione di 97 grandi e medie aziende (e relativi 31.000 osservazioni retributive individuali) nel periodo 2005-2008 aggiungendo ai tradizionali indicatori (età e settore di appartenenza) un punteggio basato sulla complessità della posizione, misurata in base a know how, problem solving e accountability individuale.
In Italia una donna guadagna, in media, tra il 22,8% (retribuzione annua lorda) e il 25,2% (retribuzione globale annua, con parte variabile) meno di un uomo. Ma se, anziché dividere il monte retribuzione delle donne per il numero di donne che lavorano e fare altrettanto con gli uomini, confrontiamo gli stipendi dei due sessi a parità di incarico, anzianità e azienda, la differenza si riduce al 3%.
La vera discriminazione non si nasconde quindi nelle singole prassi retributive aziendali ma in un contesto sociale e culturale che “pesa” in modo differente il lavoro delle donne e degli uomini.
Andando ad analizzare inquadramento e struttura organizzativa, le donne sul totale dei dirigenti in Italia sono il 13%, i quadri 23% e gli impiegati 37%. Nell’area commerciale (la meglio retribuita) il 33%, in posizioni di linea il 20% e in quelle di staff il 39%.
Quali le soluzioni proposte dallo studio? A livello organizzativo, attuare buone prassi che guidino le politiche retributive, gestionali e di sviluppo delle aziende. A livello individuale, sviluppare percorsi formativi per aiutare le donne ad affermare e valorizzare le loro specifiche competenze.
Elemento importante della ricerca un confronto con alcuni stati europei (per ora sono stati confrontati i dati di Francia, Spagna, Belgio, Germania. Interessante sarà capire che cosa succede qualche il panel includerà anche i paesi nordici): tra il 2005 e il 2008 la percentuale di donne tra i lavoratori italiani è aumentata dal 26% al 30%, portando la femminilizzazione del mercato italiano al di sopra di quella tedesca (27%), ma ancora lontana da quelle spagnola (38%), francese (42%) e belga (45%).
La differenza tra retribuzione annua lorda maschile e femminile italiana, vicina al 23%, è maggiore di quella della Germania (20%), ma più contenuta rispetto a Spagna (27%), Belgio (29%) e soprattutto Francia (42%).
Facendo un confronto diretto tra Italia e Spagna sul gender gap nelle categorie professionali si scopre una curiosa differenza: in Italia è praticamente superato per gli impiegati (-2%), quasi risolto per i professional (4%), in crescita per il middle management (10%) e gli executive (12%). La Spagna presenta invece una curva opposta: impiegati (22%), professional (11%), middle management (9,3%) e executive (-3%). Ossia: le donne impiegate se la passano meglio in Italia, le dirigenti è meglio che se ne vadano in Spagna!
PS1: da annotarsi i prossimi appuntamenti dell’Osservatorio: Forum Diversity il 28/10 su maternità e costi aziendali e nell’aprile 2010 sull’intercultura in collaborazione con Metropoli; gli interventi alla WIN conference l’8-9 ottobre a Praga e a Gammadonna il 26-27 novembre a Torino
PS2: un altro punto di vista sul convegno su JobTalk e su La revolution en rose.
martedì 16 giugno 2009
Il ruolo delle donne nell’innovazione
Nell'Anno Europeo della Creatività e dell'Innovazione il 18 giugno a Milano si svolgerà “Il genio delle donne: invenzioni e innovazioni Made in Italy", evento in cui si colloca la prima edizione del Premio ITWIIN 2009, dedicato alle donne italiane o residenti in Italia.
Tema portante la valorizzazione della creatività, delle esperienze e del ruolo delle donne nell’innovazione.
Durante la cerimonia verrà consegnato il premio "THE PREMIO AWARD, HONORING ITALIAN WOMEN SCIENTISTS IN AMERICA", assegnato dalla associazione californiana Bridges to Italy a una selezione di alcune tra le più importanti scienziate italiane in America.
Tema portante la valorizzazione della creatività, delle esperienze e del ruolo delle donne nell’innovazione.
Durante la cerimonia verrà consegnato il premio "THE PREMIO AWARD, HONORING ITALIAN WOMEN SCIENTISTS IN AMERICA", assegnato dalla associazione californiana Bridges to Italy a una selezione di alcune tra le più importanti scienziate italiane in America.
giovedì 11 giugno 2009
Valore D: Gabriella Parisse e il potere del fare
“La buona notizia è che si può fare, diversamente”: questo potrebbe essere lo slogan della prima lezione organizzata da Valore D sul role modelling con l’idea di raccogliere un patrimonio di modelli positivi al femminile.
In sala molte donne giovani che hanno voglia di imparare, orecchie attente e blocknotes sulle ginocchia.
Maria Silvia Sacchi del Corriere Economia intervista Gabriella Parisse, Presidente e AD di Johnson & Johnson. E’ interessante il confronto tra il modo pacato della giornalista, esperta di imprese e temi femminili, e il tono deciso dell’intervistatrice, che a tratti si apre anche a commenti più personali.
Johnson & Johnson è una multinazionale americana e dal racconto degli inizi di carriera di GP si capisce che siamo su un altro pianeta (meritocrazia, incentivazione alla diversità, ect...) rispetto a media azienda italiana. "Probabilmente in Italia l’unico modo per avere più donne nelle posizioni di vertice sono le quote rosa" è la conclusione.
Ecco qualche appunto:
LA LEADERSHIP E IL LAVORO
- I leader sono spesso uomini. Mi viene in mente il gioco che aveva proposto Kathleen Kennedy Townsend al Forum del Sole24Ore (chiudere per un attimo gli occhi e pensare a un leader, aprirli e dire sinceramente se si era pensato a un uomo o a una donna. Facile indovinare l'esito...)
- La leadership è la leadership, non c’è differenza tra uomini e donne. La diversità sta nelle modalità con la quale la si esprime, nei comportamenti, nella sensibilità differente di ciascuno
- Il capo bisogna gestirlo: se non ci si sente valorizzati o se non si può evitare lo scontro a causa di differenti visioni o valori, meglio andarsene
- La squadra è fondamentale: bisogna saper scegliersi le persone giuste, condividere ogni passaggio, chiedere feedback, dare importanza anche a certe figure apparentemente minori come le assistenti
- Gli orari di lavoro: la flessibilità è un tema che tra poco toccherà anche gli uomini
LA FAMIGLIA
- I genitori, a volte anche gli insegnanti, sono il primo role model
- I figli a volte non si vogliono, a volte non vengono
LA DONNA MANAGER
- Pianificare la propria carriera: bisogna visualizzare dove si vuole arrivare. E’ più semplice far carriera se si lavora nel marketing e nel commerciale
- Curare il proprio sviluppo attraverso mentor e coach. Tutti i grandi leader ne hanno uno. Chiederlo o cercarselo nei network
- Imparare a chiedere, a dar voce alle proprie ambizioni: aspettare che ci venga riconosciuto quello che ci spetta è un pensiero idealistico bello ma non serve
- Affrontare i cambiamenti, "le situazioni di stretch" con coraggio e passione, divertendosi
- Curare la propria visibilità: la foto è più importante del nome. Non bisogna considerarla una civetteria. Se non siamo visibili, i leader continueranno ad essere uomini
- Dedicare tempo al networking: non è una perdita di tempo, ad un certo livello il sistema relazionale è fondamentale.
Consigli chiari e fattibili. Pronte a metterli in pratica?
In sala molte donne giovani che hanno voglia di imparare, orecchie attente e blocknotes sulle ginocchia.
Maria Silvia Sacchi del Corriere Economia intervista Gabriella Parisse, Presidente e AD di Johnson & Johnson. E’ interessante il confronto tra il modo pacato della giornalista, esperta di imprese e temi femminili, e il tono deciso dell’intervistatrice, che a tratti si apre anche a commenti più personali.
Johnson & Johnson è una multinazionale americana e dal racconto degli inizi di carriera di GP si capisce che siamo su un altro pianeta (meritocrazia, incentivazione alla diversità, ect...) rispetto a media azienda italiana. "Probabilmente in Italia l’unico modo per avere più donne nelle posizioni di vertice sono le quote rosa" è la conclusione.
Ecco qualche appunto:
LA LEADERSHIP E IL LAVORO
- I leader sono spesso uomini. Mi viene in mente il gioco che aveva proposto Kathleen Kennedy Townsend al Forum del Sole24Ore (chiudere per un attimo gli occhi e pensare a un leader, aprirli e dire sinceramente se si era pensato a un uomo o a una donna. Facile indovinare l'esito...)
- La leadership è la leadership, non c’è differenza tra uomini e donne. La diversità sta nelle modalità con la quale la si esprime, nei comportamenti, nella sensibilità differente di ciascuno
- Il capo bisogna gestirlo: se non ci si sente valorizzati o se non si può evitare lo scontro a causa di differenti visioni o valori, meglio andarsene
- La squadra è fondamentale: bisogna saper scegliersi le persone giuste, condividere ogni passaggio, chiedere feedback, dare importanza anche a certe figure apparentemente minori come le assistenti
- Gli orari di lavoro: la flessibilità è un tema che tra poco toccherà anche gli uomini
LA FAMIGLIA
- I genitori, a volte anche gli insegnanti, sono il primo role model
- I figli a volte non si vogliono, a volte non vengono
LA DONNA MANAGER
- Pianificare la propria carriera: bisogna visualizzare dove si vuole arrivare. E’ più semplice far carriera se si lavora nel marketing e nel commerciale
- Curare il proprio sviluppo attraverso mentor e coach. Tutti i grandi leader ne hanno uno. Chiederlo o cercarselo nei network
- Imparare a chiedere, a dar voce alle proprie ambizioni: aspettare che ci venga riconosciuto quello che ci spetta è un pensiero idealistico bello ma non serve
- Affrontare i cambiamenti, "le situazioni di stretch" con coraggio e passione, divertendosi
- Curare la propria visibilità: la foto è più importante del nome. Non bisogna considerarla una civetteria. Se non siamo visibili, i leader continueranno ad essere uomini
- Dedicare tempo al networking: non è una perdita di tempo, ad un certo livello il sistema relazionale è fondamentale.
Consigli chiari e fattibili. Pronte a metterli in pratica?
mercoledì 10 giugno 2009
Le italiane non "se lancen al cuello de ese energùmeno"
I giornali internazionali sono increduli di fronte all'incapacità degli italiani di reagire di fronte allo strapotere di Berlusconi. Ma le donne, in particolare, che cosa stanno facendo?
Leggete il punto di vista di una spagnola che vive in Italia: "Dove sono le donne italiane che un tempo di abbagliarono con la loro sensibilità e intelligenza?", così mi chiedono a facebook le mie amiche spagnole (...). Sabato scorso sono stata alla presentazione del libro di Luisa Muraro Al mercato della felicità. (...) Si è parlato durante 2 ore di femminismo, emancipazione, libertà, felicità, desiderio, potere, realtà, linguggio, pari opportunità. O piuttosto non si è parlato di tutto ciò ma si è nominato, perchè la reltà non si è mai toccata, è stata fuori da quella sala. Tutto quello che succede in Italia, tutta la vergogna che una donna di buon senso dovrebbe provare davanti allo spettacolo delle veline, del comportamento degli uomini politici e in particolare del presidente del consiglio, quello è rimasto fuori nelle strade, nelle case, oppure sotterrato nelle coscienze. In quella sala (...) il discorso è stato pienamente metafisico, dai discorsi non si poteva capire se si stava parlando nel 2009, nel 2000 o nel 1990. Discorso atemporale. (...) Adesso quando mi chiedono ma come è possibile che le donne italiane non "se lancen al cuello de ese energùmeno", ho la risposta pronta: sono al mercato della felicità. (Maite Marrauri, lettera sull'Unità del 9 giugno)
Leggete il punto di vista di una spagnola che vive in Italia: "Dove sono le donne italiane che un tempo di abbagliarono con la loro sensibilità e intelligenza?", così mi chiedono a facebook le mie amiche spagnole (...). Sabato scorso sono stata alla presentazione del libro di Luisa Muraro Al mercato della felicità. (...) Si è parlato durante 2 ore di femminismo, emancipazione, libertà, felicità, desiderio, potere, realtà, linguggio, pari opportunità. O piuttosto non si è parlato di tutto ciò ma si è nominato, perchè la reltà non si è mai toccata, è stata fuori da quella sala. Tutto quello che succede in Italia, tutta la vergogna che una donna di buon senso dovrebbe provare davanti allo spettacolo delle veline, del comportamento degli uomini politici e in particolare del presidente del consiglio, quello è rimasto fuori nelle strade, nelle case, oppure sotterrato nelle coscienze. In quella sala (...) il discorso è stato pienamente metafisico, dai discorsi non si poteva capire se si stava parlando nel 2009, nel 2000 o nel 1990. Discorso atemporale. (...) Adesso quando mi chiedono ma come è possibile che le donne italiane non "se lancen al cuello de ese energùmeno", ho la risposta pronta: sono al mercato della felicità. (Maite Marrauri, lettera sull'Unità del 9 giugno)
martedì 9 giugno 2009
Affrontare la ridondanza. Le Mamme e l'informazione
Paola Dubini e il Centro di ricerca ASK (Art, Science & Knowledge) dell’Università Bocconi il 25/06 presentano i risultati di una survey effettuata su oltre 700 mamme nel periodo novembre 2008 – febbraio 2009.
Uno egli effetti della digitalizzazione è la crescita esponenziale dell’informazione disponibile. Le mamme svolgono da sempre, più di altre categorie sociali, una funzione di filtro e mediazione e sono solite validare e condividere informazioni, oltre a essere un fondamentale decisore d’acquisto all’interno della famiglia. L’ analisi sulle strategie informative poste in atto per raccogliere, filtrare, valutare le informazioni aiuta a riflettere sulle modalità di formazione dell’opinione pubblica in epoca di ridondanza. I risultati della ricerca saranno commentati e discussi con esponenti del mondo editoriale e della comunicazione.
Il programma del convegno.
Form di adesione
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Da segnalare anche la ricerca su Giovani Adulti e Informazione
Uno egli effetti della digitalizzazione è la crescita esponenziale dell’informazione disponibile. Le mamme svolgono da sempre, più di altre categorie sociali, una funzione di filtro e mediazione e sono solite validare e condividere informazioni, oltre a essere un fondamentale decisore d’acquisto all’interno della famiglia. L’ analisi sulle strategie informative poste in atto per raccogliere, filtrare, valutare le informazioni aiuta a riflettere sulle modalità di formazione dell’opinione pubblica in epoca di ridondanza. I risultati della ricerca saranno commentati e discussi con esponenti del mondo editoriale e della comunicazione.
Il programma del convegno.
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Da segnalare anche la ricerca su Giovani Adulti e Informazione
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ASK Bocconi Dubini mamme digitale
giovedì 4 giugno 2009
Who’s Who in Italy: un giro di poltrone
Nata nell’Inghilterra del 1849 per raccontare i personaggi di corte e giunta in Italia nel 1958, arriva in lingua italiana la prima enciclopedia del «Chi è Chi» con 8.000 biografie e 4.500 profili di imprese e istituzioni.
«Entrare nel Who’s Who è un riconoscimento alla carriera, significa che nel proprio campo si è tra i numeri uno. Però non ci si rimane per meriti acquisiti: una volta perso il primato oppure una carica importante, si è fuori» racconta Giancarlo Colombo, editore delle guide per l’Italia, la Spagna e la Russia.
Chi è stato ammesso all'olimpo italiano nel 2009?
Nel mondo aziendale «poche donne, e questa è purtroppo cosa nota. Nelle aziende italiane si assiste ad un giro di poltrone ogni tre-cinque anni, mentre in altri Paesi i dirigenti tendono a restare per molto più tempo nello stesso posto. Certo, alla fin fine i nomi che girano nei posti importanti sono quasi sempre gli stessi...» dice Colombo.
Nel mondo dei media troviamo Concita De Gregorio direttore dell’Unità, e Daria Bignardi da poco su RaiDue.
Tra i più giovani la ginnasta diciottenne Vanessa Ferrari, Paolo Giordano, vincitore del Premio Strega e dalla parlamentare del Pdl Annagrazia Calabria, classe 1982.
«Entrare nel Who’s Who è un riconoscimento alla carriera, significa che nel proprio campo si è tra i numeri uno. Però non ci si rimane per meriti acquisiti: una volta perso il primato oppure una carica importante, si è fuori» racconta Giancarlo Colombo, editore delle guide per l’Italia, la Spagna e la Russia.
Chi è stato ammesso all'olimpo italiano nel 2009?
Nel mondo aziendale «poche donne, e questa è purtroppo cosa nota. Nelle aziende italiane si assiste ad un giro di poltrone ogni tre-cinque anni, mentre in altri Paesi i dirigenti tendono a restare per molto più tempo nello stesso posto. Certo, alla fin fine i nomi che girano nei posti importanti sono quasi sempre gli stessi...» dice Colombo.
Nel mondo dei media troviamo Concita De Gregorio direttore dell’Unità, e Daria Bignardi da poco su RaiDue.
Tra i più giovani la ginnasta diciottenne Vanessa Ferrari, Paolo Giordano, vincitore del Premio Strega e dalla parlamentare del Pdl Annagrazia Calabria, classe 1982.
Le candidate europee: oltre le veline italiane e le Paris Hilton rumene
Hanno tra i 45 e i 55 anni (34,1%), sono sopratutto uomini (68%) sono professionisti (23,5%) o politici di mestiere (10,3%). Questo l’identikit medio dei 828 candidati italiani al Parlamento europeo.
La presenza femminile si ferma a un misero 32% (PdL 28 su 38, Pd 28 su 44, Lega 26 su 40, Sinistra e libertà 24 su 42, Lista Bonino 19 su 34, DiPietro 20 su 34, UDC 25 su 47).
A fine maggio il PD ha lanciato lo slogan "Almeno una delle 3 donne preferenze vada a una donna" appello presente in tutti i volantini elettorali. Vittoria Franco, coordinatrice donne PD, sostiene che "le nostre candidate valgono: sono professioniste, sindalci, ottimi parlamentari uscenti. Non servono le belle gambe delle veline, ma gente che conosca la politica". Non sono però tutte rose e fiori: il partito ha stanziato 270mila euro per sostenere la campagna candidate che andranno però solo alle 9 più eleggibili (Rita Borsellino, Silvia Costa, Debora Serracchiani, Francesca Barracciu, Rosaria Capacchione, Maria Grazia Pagano, Monica Giuntini, Catiuscia Marini, Patrizia Toia), le altre 18 si dovranno arrangiare.
Tralasciando per un momento la polemica italiana sui candidati-bandiera, le veline e le eurognocche, che cosa stanno facendo all’estero per migliorare lo scarso 31,4% di donne a Strasburgo?
Come ricorda Anna Zavaritt nel suo blog "La revolution en rose", in base a una recente ricerca dell’European Women Lobby sulla strategia di comunicazione, le tematiche di genere e le candidate donne, risultano bocciati il partito popolare europeo (24,03%) e i liberali, “rimandati” i verdi e promosso invece il partito socialista (41,2%).
Andando a guardare un po’ meglio nazione per nazione, in Francia c’è Rachida Dati, ex ministro della Giustizia ed ex portavoce di Sarkozy e la verde Eva Joly, ex magistrato franco-norvegese famosa per le crociate contro la corruzione.
In Romania troviamo Monca Macei, ex ministro della giustizia del governo di centro destra, nota per la lotta contro le frodi nell’amministrazione pubblica ma anche Elena Basescu, 29enne figlia dell’attuale presidente, soprannominata “la Paris Hilton rumena”.
In Gran Bretagna c’è Marta Andreasen, ex contabile della commissione europea. In Lussemburgo guida la lista dei cristiano sociali Vivienne Reading, commissario EU uscente, nota per la battaglia contro le eurotariffe dei cellulari.
Tra le telegiornaliste la anchorwoman Anne Delvaux in Belgio e la corrispondente da Bruxelles Tanja Fajon in Slovenia.
Ricordiamoci sempre il motto di Emma Bonino: "I posti sono tutti occupati. Il vuoto non esiste. Bisogna farsi avanti!"
Ps: sul sito di womenomics.it una selezione di lettura su donne&politica
La presenza femminile si ferma a un misero 32% (PdL 28 su 38, Pd 28 su 44, Lega 26 su 40, Sinistra e libertà 24 su 42, Lista Bonino 19 su 34, DiPietro 20 su 34, UDC 25 su 47).
A fine maggio il PD ha lanciato lo slogan "Almeno una delle 3 donne preferenze vada a una donna" appello presente in tutti i volantini elettorali. Vittoria Franco, coordinatrice donne PD, sostiene che "le nostre candidate valgono: sono professioniste, sindalci, ottimi parlamentari uscenti. Non servono le belle gambe delle veline, ma gente che conosca la politica". Non sono però tutte rose e fiori: il partito ha stanziato 270mila euro per sostenere la campagna candidate che andranno però solo alle 9 più eleggibili (Rita Borsellino, Silvia Costa, Debora Serracchiani, Francesca Barracciu, Rosaria Capacchione, Maria Grazia Pagano, Monica Giuntini, Catiuscia Marini, Patrizia Toia), le altre 18 si dovranno arrangiare.
Tralasciando per un momento la polemica italiana sui candidati-bandiera, le veline e le eurognocche, che cosa stanno facendo all’estero per migliorare lo scarso 31,4% di donne a Strasburgo?
Come ricorda Anna Zavaritt nel suo blog "La revolution en rose", in base a una recente ricerca dell’European Women Lobby sulla strategia di comunicazione, le tematiche di genere e le candidate donne, risultano bocciati il partito popolare europeo (24,03%) e i liberali, “rimandati” i verdi e promosso invece il partito socialista (41,2%).
Andando a guardare un po’ meglio nazione per nazione, in Francia c’è Rachida Dati, ex ministro della Giustizia ed ex portavoce di Sarkozy e la verde Eva Joly, ex magistrato franco-norvegese famosa per le crociate contro la corruzione.
In Romania troviamo Monca Macei, ex ministro della giustizia del governo di centro destra, nota per la lotta contro le frodi nell’amministrazione pubblica ma anche Elena Basescu, 29enne figlia dell’attuale presidente, soprannominata “la Paris Hilton rumena”.
In Gran Bretagna c’è Marta Andreasen, ex contabile della commissione europea. In Lussemburgo guida la lista dei cristiano sociali Vivienne Reading, commissario EU uscente, nota per la battaglia contro le eurotariffe dei cellulari.
Tra le telegiornaliste la anchorwoman Anne Delvaux in Belgio e la corrispondente da Bruxelles Tanja Fajon in Slovenia.
Ricordiamoci sempre il motto di Emma Bonino: "I posti sono tutti occupati. Il vuoto non esiste. Bisogna farsi avanti!"
Ps: sul sito di womenomics.it una selezione di lettura su donne&politica
martedì 2 giugno 2009
Womenomics.com, il punto di vista americano
Dopo un lungo periodo di preparazione e attesa mediatica oggi è uscito in libreria "Womenomics: Write Your Own Rules for Success" di Claire Shipman e Katty Kay, giornaliste della ABC e di Good Morning America.
"Writing Womenomics is one of the best things that we've ever done. It was a labor of....complete passion. Who wouldn't love the subject--it's our lives. But we learned so much along the way--about our power--and about how other women pull it off. And we had a blast working together--even though we were warned that teaming up might destroy our friendship. Ha! I think our husbands worried we might run off together".
Sul sito di Harpers Collins c'è la possibilità di ascoltare un estratto audio e scorrere alcune pagine del testo.
Il sito web delle autrici dedicato al libro
Wikipedia sul libro
What is it
Media coverage
"Writing Womenomics is one of the best things that we've ever done. It was a labor of....complete passion. Who wouldn't love the subject--it's our lives. But we learned so much along the way--about our power--and about how other women pull it off. And we had a blast working together--even though we were warned that teaming up might destroy our friendship. Ha! I think our husbands worried we might run off together".
Sul sito di Harpers Collins c'è la possibilità di ascoltare un estratto audio e scorrere alcune pagine del testo.
Il sito web delle autrici dedicato al libro
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Womenomics Claire Shipman Katty Kay
Imprendium fascinoso e utile
Ha un nome fascinoso IMPRENDIUM, il portale dedicato alle imprenditrici di Milano e Provincia, "uno spazio di informazione e collaborazione per creare nuove opportunità di business tra imprese a livello nazionale e internazionale; aiutare le imprese femminili milanesi a "mettersi in rete" per attivare partnership, ideare progetti comuni, creare filiere, partecipare a gare e bandi; acquisire informazioni utili su finanziamenti, facilitazioni, buone pratiche; dare visibilità alla realtà multiforme e innovativa dell'imprenditoria femminile milanese, al suo valore per il territorio e ai suoi risultati di eccellenza".
Il sito, progettato in chiave 2.0, permette di condividere le informazioni con tutti i social network, fornisce interessanti dati su quanti visitatori sono online e che nazionalità hanno. Propone newsletter e sondaggi per coinvolgere il navigatore, segnala siti e blog di approfondimento.
Gianna Martinengo, prima donna della Camera di Commercio di Milano, presidente del Comitato per l'Imprenditoria femminile e imprenditrice lei stessa (Didael) riassume in un utile documento leggi e strumenti utili per mettersi in proprio.
Il sito, progettato in chiave 2.0, permette di condividere le informazioni con tutti i social network, fornisce interessanti dati su quanti visitatori sono online e che nazionalità hanno. Propone newsletter e sondaggi per coinvolgere il navigatore, segnala siti e blog di approfondimento.
Gianna Martinengo, prima donna della Camera di Commercio di Milano, presidente del Comitato per l'Imprenditoria femminile e imprenditrice lei stessa (Didael) riassume in un utile documento leggi e strumenti utili per mettersi in proprio.
lunedì 1 giugno 2009
Eccentriche a Radio3
Da stasera 'Fantasmi' (h 23.30 Radio3) racconta di 'Eccentriche', un nuovo ciclo in 10 puntate firmate da Elena Del Drago e Daniela Basso dedicato a dieci artiste visive tra le piu' spregiudicate e incisive del Novecento, raccontate da altrettante donne protagoniste del mondo culturale di oggi: Anna Negri - Nan Goldin (lunedì 1), Lidia Ravera - Frida Kahlo (martedi 2), Alina Marazzi - Maya Deren (mercoledi 3), Antonella Anedda - Jenny Holzer (giovedi 4), Letizia Muratori - Annette Messager (venerdi 5), Giovanna Zucconi - Leni Riefenstahl (lunedi 8), Loretta Napoleoni - Yoko Ono (martedi 9), Concita De Gregorio - Dora Maar (mercoledi 10), Sonia Bergamasco - Louise Bourgeois (giovedi 11), Melania Mazzucco - Susanne Valadon (venerdi 12).
Ascolta il podcast delle puntate
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Eva Kant senza paura
Edizioni BD propone una piccola chicca di veloce lettura e di grande efficacia: un serie di consigli per evitare di cacciarsi nei guai e, quando questi arrivano lo stesso, le tecniche migliori per tirarsene fuori.
In cattedra, un'insegnante eccezionale, Eva Kant, la compagna di Diabolik, di cui è, più che un'eterna fidanzata, l'immagine al femminile del personaggio,
algida e indipendente.
Il libretto è costituito da fumetti esplicativi, schede di approfondimento, riferimenti al codice penale, individuazione delle situazioni più pericolose (dalla minaccia di una pistola alla molestia in ufficio) e le tecniche di combattimento illustrate e descritte da veri professionisti dell'autodifesa.
In cattedra, un'insegnante eccezionale, Eva Kant, la compagna di Diabolik, di cui è, più che un'eterna fidanzata, l'immagine al femminile del personaggio,
algida e indipendente.
Il libretto è costituito da fumetti esplicativi, schede di approfondimento, riferimenti al codice penale, individuazione delle situazioni più pericolose (dalla minaccia di una pistola alla molestia in ufficio) e le tecniche di combattimento illustrate e descritte da veri professionisti dell'autodifesa.
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