Da qualche giorno Lidia Ravera ha inaugurato una nuova rubrica sull'Unità in cui si ripromette di guardare gli uomini con gli stessi occhi (e relativo retropensiero) con cui l'uomo medio italiano, (mal)educato dai media e dalla pubblicità nazionale, guarda le donne.
"Dovete provare anche voi. A essere guardati come pezzi di carne, come pupi gonfiabili, come oggetti di desiderio o di scherno (...) Dovete provare a ricevere occhiate sul culo o sui bicipiti o “sul pacco” anche se di professione fate il consigliere regionale, anche se concorrete ad un posto di ricercatore, e avete tre lauree e non vi è mai venuto in mente di fare il ballerino o il midnight cowboy e il vostro obbiettivo non è essere pagati per uscire in boxer da una torta. Dovete incassare anche voi, un po’ delle umiliazioni che non vengono risparmiate alle donne.
Sarà dura dover attirare l’attenzione dei lettori sui cedimenti delle vostre carni, sulle innocenti strategie adottate per rivestire crani sguarniti, sui ventri prominenti, sulle cravatte, sulle montature degli occhiali, sui pallori malsani, sui dorsi incurvati, sugli sguardi stanchi. Sarà dura confrontare maturi esponenti del mondo politico con pornostar e tennisti, boys e calciatori. Ma è un dovere irrinunciabile, un must educativo".
Il compito che si è ripromessa la Ravera è in effetti arduo per mantenere l'equilibrio e non far scadere sana ironia e intelligene malizia in vendicative prese in giro. Finora sotto le grinfie affilate della Ravera sono passati i ministri Tremonti e Alfano.
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