Ieri mattina leggo sul giornale che alle 6 del pomeriggio ci sarà la presentazione dell'ultimo numero d "Via Dogana", la rivista ("di pratica politica" come la definiscono) della "Libreria delle donne". Decido di andare.
Posso essere sincera sincera sincera? La stanza dove si è tenuta "la riunione" e le dinamiche dell'incontro mi sono sembrate così fuori dal mondo che non so se la mia sensazione era più di imbarazzo o di alienazione!
Alla pareti foto di raduni anni '60, sul tavolo coperto da una tovaglia giallastra il Manifesto. Nell'aria un odore un pò di vecchio e un pò di sugo (dalla porta si intravedeva una cucina in piena regola dove ogni tanto qualcuno entrava per prendere un bicchiere di vino rosso e una ciotola di plastica con delle arachidi). Le donne presenti (in sala solo 2 uomini che cercano di fare i tecnici), tutte tra i 50 e i 60, hanno mediamente i capelli corti e vestono piuttosto sommessamente. Si chiamano tutte per nome (o soprannome).
La "riunione" inizia con mezz'ora di ritardo (alle 6 accendono il video e non funziona, maneggiano mezz'ora senza successo. Anche il microfono non va).
Cito solo Luisa Muraro, piglio deciso e delicato accento veneto (inter nos: un pò troppo direttiva per i miei gusti, ma di cercherò di approfondire il suo pensiero...) e gli interventi di Liliana Rampello (un pò troppo puntigliosamente critica per i miei gusti, ma cercherò di leggere...)
Cercando sulla rete le bio delle due intellettuali sono incappata in un vespaio di siti femministi.....vade retro!
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